Humus Park: amore per la natura e per l’arte

Si è concluso da pochi giorni Humus Park 2018, il 6° meeting internazionale di land art che si svolge a cadenza biennale in alcune tra le più belle location naturalistiche della provincia: i parchi del Seminario e della Villa Romana a Torre di Pordenone ed il parco Palù di Livenza, tra i comuni di Budoia e Polcenigo. Questo significa che quest’estate ogni momento è buono per andare a visitare e rivisitare i parchi per scoprire e vedere come la natura e l’opera dell’uomo si integrano e si trasformano continuamente.

 

Cos’è la land art e cosa rende unico Humus Park

Per chi ancora non conoscesse la land art, si tratta di una corrente artistica nata negli anni ’60 negli Stati Uniti che opera sul paesaggio naturale o più in generale sugli spazi aperti, manipolandoli e trasformandoli in vario modo, spesso facendo emergere una riflessione sull’uomo dell’era contemporanea, che ancora troppo spesso non ha rispetto per l’ambiente. Essendo realizzate all’aperto e con materiali naturali, a causa di pioggia e agenti atmosferici le opere si deteriorano e si decompongono in modo spontaneo. Sono quindi installazioni effimere e al tempo stesso rispettose della vita e del tempo che scorre inesorabile.

C’è land art e land art… così come ogni artista ha il suo stile, allo stesso modo il meeting internazionale ideato e diretto da Vincenzo Sponga e Gabriele Meneguzzi ha le sue caratteristiche che lo rendono unico e diverso da molti altri festival che si tengono in luoghi più o meno vicini.
Le regole sono severe, ma giuste: si possono utilizzare solo materiali trovati sul luogo, senza tagliare alberi o rami, ad eccezione del bambù o di altre piante infestanti. Non sono ammessi chiodi, a meno che non siano realizzati in legno, gli attrezzi concessi sono minimi, le motoseghe bandite, fil di ferro al massimo del diametro di 0,6mm… l’abilità sta nel realizzare il proprio progetto artistico intrecciando e manipolando quello che si trova in natura: liane, rami, fieno, sassi, terra, acqua, vento… le opere più affascinanti sono quelle che riescono anche a “suonare”.

 

Come è organizzato il meeting

Alle due settimane di meeting sono invitati artisti di fama internazionale, artisti locali e studenti di accademie d’arte italiane e scuole superiori del territorio. Tutti lavorano a coppie, scelgono la loro location il primo giorno ed entro i 4 giorni successivi devono dialogare e a progettare a due teste e quattro mani. La prima settimana operano a Palù di Livenza, la seconda settimana il format si ripete a Torre di Pordenone con artisti diversi e nuove opere. Al termine di ogni settimana c’è l’inaugurazione ufficiale.

Gli artisti internazionali sono selezionati dai direttori artistici con lo scopo di far conoscere le eccellenze di questa forma d’arte a livello planetario. Le opere che realizzano i professionisti si riconoscono anche perché, tendenzialmente, sono quelle più resistenti e durano di più nel tempo. Questa edizione ha ospitato professionisti provenienti da Nuova Zelanda, Taiwan, Danimarca, Kazakistan, Svizzera, Francia, Lituania, Polonia, Stati Uniti, Slovenia, Iran, Perù.

Gli artisti locali non sono tutti landartisti esperti, spesso operano in altri ambiti: possiamo trovare illustratori, restauratori, designer e architetti che si mettono alla prova con una forma espressiva per loro inusuale.

Gli studenti delle Accademie (Brera, Ravenna, Torino, Bologna, Carrara) e delle scuole superiori del territorio imparano sul campo le leggi della fisica e della terra, scoprendo equilibri, tecniche e trasformazioni che è difficile sperimentare stando seduti tra i banchi di scuola. Come si garantisce la stabilità di una struttura piantata sul terreno? Come cambia il colore del materiale utilizzato? Come si realizzano incastri e come si fissano le strutture rispettando la natura? Per loro è stato pensato il Premio Gea, che valorizza le due opere meglio progettate e realizzate nel corso delle due settimane.

 

Il significato delle opere

Proprio ieri mi hanno chiesto se è possibile leggere da qualche parte il significato delle opere. A questo proposito, il payoff dell’evento – the mind opener non è un messaggio solo per gli artisti.
Sulla mappa all’inizio dei parchi e sulle frecce che segnalano le opere lungo il percorso non si leggono titoli, vengono indicati semplicemente i nomi dei partecipanti, con il rispettivo luogo di provenienza.
Humus Park quindi non apre solo le menti di chi realizza le operema anche quelle dei visitatori. Chi si trova di fronte a un’opera di questo tipo, infatti, può trovare una propria interpretazione sulla base di esperienza, conoscenza o fantasia… fino a raggiungere la consapevolezza di quanto è prezioso ciò che ci offre la madre terra.
Scatenando la creatività, a me è capitato di vedere un occhio di una creatura gigante sbucare dal terreno, un rapace che sta per spiccare in volo, un insetto alieno arrampicato sugli alberi e persino una cattedrale gotica.

Se invece volete conoscere il significato cercato dagli artisti, alla prossima edizione dovrete prendervi un giorno di permesso dal lavoro e seguire il work in progress: chiacchierando con loro scoprirete che raccontano volentieri quali sono le loro intenzioni comunicative.

 

Il work in progress raccontato anche su Instagram

Nel corso delle due settimane l’allestimento è stato raccontato sul profilo Instagram @humuspark. Le storie condivise sono state messe in evidenza e possono ancora essere viste, anche se sono passate ben più di 24 ore… in 5 minuti si può assaporare l’atmosfera che hanno vissuto i partecipanti.
Molti sono i visitatori che hanno condiviso il loro personalissimo punto di vista con l’hashtag #HumusPark, in collaborazione con Igers Pordenone è stato organizzato un instameet per trascorrere un’intera giornata immersi tra arte e natura… se vuoi puoi aggiungere anche la tua prospettiva, dopo aver visitato i parchi condividi una o più foto su Instagram e inserisci l’hashtag nella didascalia 😉

 

 

in copertina: opera di Denis Pchelyakov e Anna Peshkova (Kazakistan) al Parco del Seminario di Pordenone

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2 commenti su “Humus Park: amore per la natura e per l’arte

  1. Devo dirlo: COMPLIMENTI a che ha scritto questo articolo (forse “angycat” è Angela?). Sono Gabriele Meneguzzi, ed ho letto tre volte il tutto: la prima l’ho “bevuto”, la seconda l’ho masticato, e la terza ne ho assaporato il contenuto!
    Molto ben scritto, chiarissimo , con i giusti concetti che abbiamo inserito nel format e cercato di passare con Humus park. E’ esattamente così. I titoli nelle opere limiterebbero sia l’interpretazione personale che la fantasia del visitatore, costretto invece così ad usarla per cercare di scoprire l’intrinseco fascino che ogni opera sprigiona.
    Grazie Instagrammers, mi piacerebbe incontrarci di nuovo e parlarne. Quando volete.
    Gabriele Meneguzzi

    1. Grazie infinite Gabriele. Sì sono Angela, ascolto e interiorizzo 😀 Quello che fate tu e Vincenzo è meraviglioso… occupiamo ogni angolo dell’internet per diffondere questa arte sana e bella! Parlarne con voi è sempre un piacere e una ricchezza.

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